giovedì 28 maggio 2009

Il giro d'Italia a Benevento

Se 'l pastor di Cosenza, che a la caccia
di me fu messo per Clemente, allora,
avesse in Dio ben letta questa faccia,

l'ossa del corpo mio sarieno ancora
in co del ponte presso a Benevento,
sotto la guardia de la grave mora.

Or le bagna la pioggia e move il vento
di fuor dal regno, quasi lungo il Verde,
dov'ei le trasmutò a lume spento.

(Dante, Purgatorio, Canto III)

Grazie Giro d'Italia; e grazie anche alla Rai, per una volta tanto.
Oggi, dopo tanti anni in cui lo seguo, mi ha riportato a vedere Benevento: e ci tenevo molto. Ci tenevo molto da quando imparai a memoria uno dei passaggi più belli e più toccanti di tutta la Divina Commedia. Il nostro insegnante, uno dei migliori dantisti che abbia conosciuto, un sacerdore salesiano, quella sera ci diede un saggio della sua bravura in teologia, parlandoci dell' immensità dell'amore divino; della bontà infinita del Signore che
...ha si gran braccia, / che prende ciò che si rivolge a lei.
Nello spiegarci questa terzina, aveva trasformato il ciò in tutti, puntualizzando e sottolineando sulla certezza che la bontà divina è tanto grande che accoglie tutti quelli che si rivolgono a lei; anche nell'estremo punto di morte, e anche se, nel corso della vita, si è stati tra i più grandi peccatori della terra.
Benevento, citta campana, mi è particolarmente cara perchè la considero una costola della mia Lombardia in terra del Sud. E' stata infatti ducato longobardo per diversi secoli, anche fin dopo che i Longobardi di Lombardia avevano ceduto il posto ai Franchi. Inoltre, durante il periodo longobardo, fin dai tempi della regina Teodolinda, in poi, Benevento, nell'ambito del Regno Longobardo, godette di ampia autonomia dalla sedi centrali, che erano state dislocate a Pavia, poi a Milano per poi diventare definitivamente a Pavia.
E c'è un monumento, del quale Benevento può andare orgogliosa e fiera: l'Arco di Trionfo di Traiano. Dunque, onore e merito ai beneventani, e quindi anche a quella costola dei longobardi, che hanno governato per secoli la città, se esso è giunto integro e intatto fino a noi.
Anche Milano avrebbe potuto avere ancor oggi il suo Arco di Trionfo di Costantino, il quale sarebbe stato secondo solo a quello ancora esistente in Roma, se il disinteresse per quel monumento, unito a disamore, incuria, vandalismo, non ne avessero decretato la fine, già intorno all'anno 1000, quando cioè i Longobardi non erano più padroni di Milano, da due secoli.

domenica 24 maggio 2009

Sonata al chiaro di luna

Dagoberto, soldato di Herat, non sapeva che sarebbe stato il suo ultimo dono.
« Non v' e nulla di più alto, che avvicinarsi più degli altri alla Divinità, e quindi i raggi della Divinità diffondere fra il genere umano ». (BEETHOVEN).

sabato 23 maggio 2009

ughi uto

καλὸς κἀγαθός

ughi uto

καλὸς κἀγαθός

ughi uto

καλὸς κἀγαθός

ughi uto

καλὸς κἀγαθός

ughi uto

καλὸς κἀγαθός

ughi uto

καλὸς κἀγαθός

ughi uto

καλὸς κἀγαθός

lunedì 18 maggio 2009

Premio Ciceronianum a studentessa milanese

Premio Certamen Ciceronianum
Ilaria De Regis, studentessa diciottenne del Liceo Classico "Giulio Casiraghi" di Cinisello Balsamo, in provincia di Milano, ha vinto la XXIX edizione del Certamen Ciceronianum Arpinas, il campionato mondiale di Latino che si svolge ad Arpino (Fr) (leggi notizia), patria del grande oratore latino Marco Tullio Cicerone.Queste le prime commosse parole, pronunciate a caldo da Ilaria, dopo la vittoria: "Ringrazio i miei professori con i quali ho effettuato un lungo percorso di preparazione a questa gara. La vittoria è sicuramente merito loro. Il brano proposto era bello, la parte che mi è piaciuta di più è stata la prima in cui c'è l'esortazione a vivere appieno la vita anche se si parte svantaggiati. Nel mio commento ho sottolineato proprio la possibilità di essere felici anche in condizioni avverse".La parte conclusiva è per me oltremodo toccante: spazia nei meandri della felicità, la quale, per chi la sa trovare, è alla portata anche di coloro che sono costretti a vivere in condizioni avverse.All'orgoglio di sapere che questo premio si svolge in Ciociaria, zona della Regione Lazio da cui provengono le mie antiche origini, si aggiunge quest'anno la felicità di sapere che la studentessa "più brava latinista del mondo" è una ragazza di Cinisello Balsamo, città dell'hinterland milanese dove ho trascorso il periodo più bello della vita: la giovinezza (vedere post: Il mio incontro con Guareschi).

sabato 16 maggio 2009

Violin Sue Aston Cornwall Home Coming Celtic Music Violin

Per Marshall e Marco

venerdì 15 maggio 2009

Poesia di cose antiche .

La canzone della granata
I
Ricordi quand'eri saggina,
coi penduli grani che il vento
scoteva, come una manina
di bimbo il sonaglio d'argento?
Cadeva la brina; la pioggia
cadeva: passavano uccelli
gemendo: tu gracile e roggia
tinnivi coi cento ramelli.
Ed oggi non più come ieri
tu senti la pioggia e la brina,
ma sgrigioli come quand'eri
saggina.
Giovanni Pascoli

Wolfgang Amadeus Mozart: Eine kleine Nachtmusik

mercoledì 13 maggio 2009

lunedì 11 maggio 2009

Solo i popoli perseguitati ed oppressi sono così buoni conduttori di dolore

Il male puro è cieco e sordo...
Questa l'impressione sgradevole e desolante davanti alla lettura delle prime pagine de "I quaranta giorni del Mussa Dagh" di Franz Werfel

Sembra qualcosa di incredibile... e il cuore e la ragione si ribellano... e faccio fatica a proseguire nella lettura. Ma la sorte degli Armeni massacrati ed eliminati dai Turchi all'inizio della prima guerra mondiale - mirabilmente narrata da un ebreo che ben conosce la persecuzione contro una razza - ha del demoniaco: si assiste al tremendo avanzare, silenzioso e traditore, del male.. è come la tela di un ragno velenosissimo che divora all'improvviso dopo il lento e paziente lavoro di tanto tempo.

Il problema all'inizio per i Giovani Turchi era quello di trovare un pretesto per accusare e deportare i fieri e pacifici Armeni, poi i pretesti non servono più: diventa una colpa semplicemente essere armeni e le deportazioni sono di un dolore indescrivibile.

Ma tornando all'episodio che mi ha sconvolto - si tratta dell'incontro tra il dottor Giovanni Lepsius, tedesco, che si rivolge a Enver Pascià, capo supremo dei Turchi, per perorare la causa degli Armeni (pp. 139 e ss) -, devo dire che ho fatto una scoperta: il puro male, quasi ingenuo e incosciente nella sua semplicità ha sempre lo stesso volto inquietante e pauroso. Come il volto di Weston in Perelandra di C. S. Lewis, come il volto di Don Rodrigo, che ha la sfrontatezza di chiedere a P. Cristoforo di mettere sotto la sua protezione Lucia ne "I promessi sposi".


C'è un altro passaggio doloroso del romanzo che riporto perché mi ha colpito: laddove uno dei personaggi, un Pastore protestante coraggioso e tenace, schiacciato dall'ingiusta oppressione del potere, si lascia sfuggire un brevissimo gemito. Gli astanti, davanti a quel lamento appena accennato si lasciano coinvolgere, anche se sono davanti ad un estraneo, proprio come soltanto un popolo - un vero popolo che ha un comune sentire -, riesce a fare:

"Il Pastore Aràm richiamò con uno sforzo il suo sguardo smarrito, balzò in piedi con forzata disinvoltura e tentò un sorriso tranquillante, come s enon fosse avvenuto nulla di speciale. Anche le donne si alzarono, ma entrambe con molto sforzo, poiché, se una aveva il braccio inservibile, l'altra era incinta. Solo la piccola nella casacca a righe rimase seduta, fissindo sospettosa i suoi compagni di sofferenze. Le esclamazioni violente, le domande e i gemiti del primo saluto non si poterono comprendere. Ma quando il pastore Aràm abbracciò il padre, la sua padronanza di sé per un momento cedette. La sua testa cadde sulla spalla del vecchio e si udì un breve singhiozzo, un rantolo roco e doloroso. Non durò un secondo. Le donne rimasero mute. Ma nella folla circostante si propopagò coem una scossa elettrica. Gemiti, singhiozzi e colpetti di tosse corsero tra le file. Solo i popoli perseguitati ed oppressi sono così buoni conduttori di dolore. Ciò che accade a uno acade a tutti. E lì davanti alla Chiesa di Yoghonolùk trecento paesani erano commossi da una sofferenza, di cui non conoscevano ancora la storia ("I quaranta giorni del Mussa Dagh" di Franz Werfel, pag. 95-96)

sabato 9 maggio 2009

La voce di Fiordiligi.

Ho trovato questo che forse interesserà ai musicofili
http://vocefiordiligi.blogspot.com/

mercoledì 6 maggio 2009

Ilaria del Carretto e il suo cagnolino.





San Martino a Lucca. Una chiesa che è anzitutto un capolavoro del romanico, con quella sua agile facciata che si appoggia al candido campanile. Una superficie traforata come un merletto d’altri tempi che gioca volentieri con la luce del sole, creando contrasti che cambiano continuamente.
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Ma ciò che cerchiamo è custodito dietro un’altra porta, quella della Sacrestia. Ci affacciamo e intravediamo subito quel volto bellissimo, dolce e sconvolgente. Mentre la luce soffusa sfiora appena, quasi temendo di ferire o, semplicemente, di svegliare quella candida figura adagiata nel marmo dal genio di Jacopo della Quercia. Ci viene spontaneo avvicinarci in punta di piedi, delicatamente, per paura di incrinare un equilibrio precario, di spezzare un filo magicamente teso come la mitica Arianna del labirinto. Sappiamo benissimo dalle guide, dai libri d’arte che quella statua che giace sul sarcofago con la base ornata di putti è solo un pezzo di pietra, anche se si tratta di uno dei massimi capolavori della scultura rinascimentale. Ma davvero l’impressione è che la figura palpiti di vita propria; che quella bellissima e giovane donna con i cappelli accuratamente raccolti nella benda imbottita e fiorita, con quell’abito di foggia francese, non aspetti altro che un nostro cenno (e, chissà, un bacio come la bella addormentata delle fiabe) per risvegliarsi. Forse è quello che desidera ardentemente anche quel tenero e struggente cagnolino che fissa la sua padroncina con quello sguardo che solo chi possiede un cane conosce.
http://tuscany.travel/personaggi-toscani/ilaria-del-carretto/index_ita.html

martedì 5 maggio 2009

Cane e uomo nella vita e nell'arte

Guardando i miei quattro bassotti, che considero componenti a tutti gli effetti della mia famiglia, ho pensato che cane e uomo sono complementari fin dai tempi più remoti. Non per nulla il cane è considerato il “miglior amico dell’uomo” e l’uomo ha ricambiato questo grande “amore” attraverso i secoli, anche in campo artistico. Giustamente, perché nessun essere vivente è più fedele al proprio compagno di vita di un cane.
Lo sguardo appassionato dei miei cagnetti, la loro allegria, la loro gioia nel vedermi, mi ripagano ampiamente dei pochi sacrifici che faccio per loro.Questo legame intenso, che si crea fra uomo e cane ha fatto si, che quest’ultimo fosse spesso protagonista di miti e leggende, che sono giunti fino a noi, dall'archeologia e dalle arti.
Le rappresentazioni dei cani spaziano dalle scene di vita quotidiana all'incarnazione di personaggi simbolici ed allegorici, come Anubi e Cerbero diventati i traghettatori ed i custodi delle anime dei defunti nell'aldilà, in alternativa figure di cani incarnano le classiche virtù della fedeltà e del coraggio, ma anche i vizi e le passioni umane. Sia nella cultura egiziana che in quella greco-romana spesso i cani, simbolo di estrema fedeltà, erano destinati a perire con i padroni oppure venivano sacrificati nei riti di fondazione delle città per propiziarne la prosperità e l'inattaccabilità, così che, spesso si trovano immagini di cani (in alternativa a leoni e grifoni) sulle mura di cinta delle cittadine, sulle porte di case e palazzi, all’entrata di templi e tombe.
L’argomento è molto vasto mi limiterò a sintetizzare due epoche, per me molto prolifiche, l’antico Egitto e il Rinascimento.
Il cane nell'arte egizia
L’arte egizia, in particolare offre molte rappresentazioni di cani sui monumento funerari.
Come la stele trovata ad Abydos che deriva dal Regno Medio (c. 2040 -1640).Si può osservare il piccolo cane sotto la sedia del defunto. Il cane ha un corpo lungo, tarchiato e gambe corte, tipico della razza bassotto. I proprietari di Dachshund (bassotto tedesco), credono che la razza abbia origini egiziane ed antiche, e è probabile che questa stele sia la prova.

D’altronde Anubi divinità funeraria e guardiano fedele delle tombe e del sonno dei defunti, rappresentato in forma di canide nero, è passato alla storia come il nobile progenitore dell'attuale Cane dei Faraoni, venerato dagli egizi quattromila anni or sono, tanto che il ritratto di un cane elegante, dalle orecchie grandi e dalla forme ugualmente armoniose, è stato ritrovato all'interno delle piramidi. Nella grande necropoli ad ovest della piramide di Cheope nel 1935 è stato rinvenuto un cane pressochè identico al Cane dei Faraoni, imbalsamato e tumulato in un sarcofago fatto su misura.
Il cane nell’arte Rinascimentale
Tra il cinquecento ed il seicento il cane comincia ad essere inserito nella composizioni pittoriche come interprete delle passioni e dei caratteri dell’uomo. Il grande incisore tedesco Albrecht Durer nel 1514 incide
la Melanconia come una figura femminile alata dal viso scuro, con la testa reclinata ad indicare le sofferenze patite, accucciato e raggomitolato su sé stesso ai suoi, piedi il suo cane, forse un levriero, in un atteggiamento così triste e sconsolato da toccare il cuore. Nel celebre dipinto dei coniugi Arnolfini del pittore fiammingo Jan Van Eyck, il cane un Cairn Terrier (o forse uno spitz o un griffoncino), messo in primo piano simboleggia la virtù più importante del matrimonio, la fedeltà coniugale.
Ma tutto il quadro è un concentrato di simboli. Il dipinto mostra Giovanni Arnolfini e la sua sposa Giovanna Cenami, ma in realtà costituisce, l’allegoria di un’unione felice di cui sono testimoni le figure che si intravedono nello specchio (tra cui il pittore nell’atto di dipingere la coppia) coronato dall’abbondanza e dalla prosperità. L’unica candela accesa nel lampadario allude alla fede mentre le arance sparse alla fertilità. Il cagnolino come già detto, alla fedeltà.


Altre volte il cane è simbolo della passione, dell’irruenza, o anche dell’impudenza amorosa. Il cane rappresenta il desiderio carnale nei giardini dell’amore cortese, desiderio più o meno intenso a seconda dell’atteggiamento assunto dal cane nel dipinto. Il giardino cortese di Michel de Renaud de Montauban è il luogo dove l’amore viene coltivato e rivelato attraverso le conversazioni, la musica e le danze: il cane stilizzato è attento ma calmo, segno di un amore più spirituale che passionale. (simb. 252)Michel de Renaud de Montauban, Il giardino cortese, metà del XV secolo.
Concludo questo testimonianza d'amore ai nostri amici a quattro zampe, con una denuncia, perchè l'uomo, può essere anche il peggior carnefice del cane.
L'arte contemporanea, é diventata troppo spesso una ricerca del clamore, dell'effetto fine a se' stesso, che di artistico ha ben poco e di bello ancora meno, l'importante é sbalordire, scioccare e far parlare di se'.
In quest'ottica s'inquadra la vicenda di Natividad, cane randagio sacrificato in nome di uno scempio, che qualcuno ha cercato di far passare per arte.
Il barbaro assassinio di una povera bestia, ma anche dell'arte.
Needle

Dedicato a Nessie e alla sua penna.



Ambra

lunedì 4 maggio 2009

Oggi vi regalo una rosa


Oggi voglio offrire una rosa agli amici.


E' una foto del mio giardino di qualche giorno fa ed ora la rosa è sfiorita...
Peccato!
E' questo il destino di ogni vita.
C'è un semino... nasce da un terreno fertile la pianta... poi sboccia il fiore.
Ma se sfiorisce vuol dire che sta per arrivare il tempo dei frutti...

Buona navigazione nei flutti del web a tutti gli internauti!

Puccini e Placido Domingo

Per Ambra

Cavalleria Rusticana

Concedetemi un po' di campanilismo
Intermezzo della Cavalleria Rusticana sulle immagini della terrazza Mascagni di Livorno.

" Un amore così grande " Luciano Pavarotti

Queto per il raffronto con Del Monaco.
Tu che hai l'orecchio così ben educato mi potrai aiutare a capire il perché del mio giudizio sui due tenori.

Ave Maria

La bella voce dello sfortunatissimo Mario Lanza.

Mario del Monaco - Un amore così grande (1976)

Ascolta questa Marshall, poi ti manderò anche la versione di Pavarotti.

domenica 3 maggio 2009

Mario del Monaco "Vesti la giubba" Pagliacci NY 1952

Nessun altro tenore è mai riuscito a darmi emozioni così forti.

sabato 2 maggio 2009

In Un Altra Vita -Ludovico Einaudi

Eccoti Marshall, questa ti rasserena un po' ?
Ciao Ambra

l'isola che non c'è - edoardo bennato

Dedicata a Marshall

venerdì 1 maggio 2009

LUDOVICO EINAUDI - Nefeli (Only song)

Se anche la musica è arte...